La Storia Del Birrificio
L’avventura del Birrificio di Buti nasce nel 2013 come tappa “obbligata” di un cammino intrapreso diversi anni fa. L’unione, fra la passione per la birra artigianale e la voglia di creare un prodotto proprio da immettere sul mercato, mi ha portato ad approfondite ricerche di studio, stili birrai ed impianti di birrificazione.
Dopo due anni di approfondimenti del mondo birraio, nel Marzo 2013 iniziano i lavori nel birrificio in un piccolo locale di proprietà situato a Cascine, frazione di Buti. Nel Luglio viene installato l’impianto, di piccole dimensione ma tecnologicamente all’avanguardia con un potenziale produttivo di 6 ettolitri mensili. A fine Luglio è tutto pronto, tuttavia l’autorizzazione per produrre ancora non viene concessa. Tutto parte ufficialmente a Novembre. Nel neonato birrificio la prima birra prodotta è la “Palio”, una birra aromatizzata alle castagne in onore della manifestazione più importante del comune di Buti: il Palio delle contrade.
A seguire vengono messe sul mercato le altre tre birre della gamma: Malamut Bionda, una Blond Ale di ispirazione belga; Malamut Rossa una scotch ale doppio malto; Cerere una birra di frumento stile Weisse. Nel corso del 2016 viene sotituito il precedente impianto con uno più grande da 2,5 hl e nascono tre nuove birre: una America Pale ale, una Indian Pale ale e infine la Malamut Christmas nel natale 2017.
La scommessa del Birraio Francesco è quella di dare al territorio di appartenenza un prodotto esclusivo, valorizzando la filiera corta e contribuire, anche seppur in maniera molto piccola, alla diffusione della cultura birraria Italiana…la birra artigianale ha proprietà nutritive importanti e addirittura nell’antichità veniva denominata “pane liquido”, contiene meno etanolo di qualsiasi altra sostanza alcolica e può essere considerata un vero e proprio alimento: UN PRODOTTO SANO E GENUINO CHE TUTTI DOVREBBERO CONSUMARE.


Perchè Malamut?
Tanti di voi si domanderanno il significato dell’etichetta “Malamut”: Alaskan Malamute e’ la razza di un cane, il mio cane, che da anni fa parte della mia famiglia e tutti insieme abbiamo deciso di utilizzarla come immagine.
Cerere
Tra le rovine della sua chiesa medievale intitolata a San Michele Arcangelo, fu rinvenuta, nel secolo XIX una lapide con la scritta Ara Cerere, che fece supporre la presenza in antico di un tempio di Cerere, dea romana delle messi. Dell’antico edificio religioso sono ancora visibili i muri perimetrali in pietra che racchiudono gli altari laterali in pietra serena e la zona del presbiterio

La storia insegna che la birra è stata inventata da una donna. Secondo una leggenda, infatti, la birra è nata grazie all’errore e alla sbadataggine di una donna, che dimenticò un piatto di cereali fuori casa; ci fu un temporale, i semi si bagnarono …. E così nacque la birra…
La storia (documetata) della birra, nacque circa nel 4500 a.C., nell’allora ricca e fiorente Mesopotamia: I Sumeri furono i primi birraioli, e ogni strato sociale aveva diritto a una certa quantità di birra al giorno. Arrivarono poi i Babilonesi, con il famosissimo “Codice di Hammurabi” (1728-1686 a.C.), secondo il quale chi annacquava la birra era condannato a morte (giusto, così si fa!!!). Anche fra gli egizi era una bevanda diffusa, e anche Cleopatra ne beveva e ne donava ai propri Dei. La birra arrivò fino in Grecia e al popolo ebreo (la birra compare anche nella Bibbia), e da molte popolazioni fu considerata addirittura la bevanda di alcuni Dei. La birra si diffuse nel terzo millennio a.C. anche in Cina, dove venne prodotta con altri cereali oltre all’orzo (tra cui, ovviamente, il riso…).
Un popolo molto importante nella storia della birra, senza dubbio fu il popolo Celtico, che bevve fiumi di birra in Gallia, Britannia e Irlanda, prima, dopo e durante le guerre.
Per l’Irlanda, addirittura, esiste una leggenda nella quale si narra che il paese conquistò la propria libertà, solo quando l’eroe Mag Meld riuscì a strappare ai perfidi mostri Fornoriani il segreto della fabbricazione della birra, la bevanda che li rendeva immortali (ne dovevano bere veramente tanta di birra per fare certi ragionamenti!!!).
Quando l’arte della fabbricazione della birra entrò anche nei conventi, vennero introdotte delle regole sulla sua produzione e iniziò ad essere utilizzato il luppolo come aromatizzante al posto di tutte le altre varie spezie che venivano utilizzate sino a quel momento.
Nell’anno 1000 nacque la figura del mastro birraio in Germania e nell’Europa settentrionale la birra iniziò ad essere prodotta industrialmente. Nel 1516 venne emanato l’editto sulla purezza, nel quale era presente la codifica definitiva sulla produzione della birra: poteva essere fatta solo con malto d’orzo, luppolo e acqua. Anche se i mastri birrai erano molto diffusi, preti e suore non rinunciarono certo a questo piacere e consumarono grandi quantità di “birra dei padri” (per i maschietti), e di “birra di convento” per le femminucce). Iniziarono a nascere anche le prime scuole per mastri birrai: la più famosa è quella di Monaco (naturale, no?) che è tuttora in attività. In Inghilterra si diffusero moltissimo i pub e le birrerie, ma era ancora l’unica regione in cui non si utilizzava il luppolo (e ti pareva se gli inglesi non dovevano essere diversi dagli altri…vabbè…). La birrà era talmente diffusa in tutta Europa che inizia ad essere tassata (cattivi, cattivi!!!).
Nel 1620 la birra varcò l’oceano assieme ai Padri pellegrini e giunge sino alle coste americane, mentre in Europa una serie di scoperte cambiò il modo di produrla, facendo in modo di poterla produrre tutto l’anno e di conservarla più a lungo.
Per quanto riguarda la storia italiana, i primi a bere birra furono gli etruschi: la bevanda si chiamava “pevakh”, fatta inizialmente con segale e farro, poi con frumento e miele. I romani preferivano il vino, ma non disdegnavano la “barbara” birra. Con la caduta dei romani e l’invasione barbara, la birra si diffuse sempre più anche nella nostra bella penisola italica. La birra venne bevuta soprattutto dagli uomini, mentre alle donne poteva essere somministrata solo sotto controllo medico.
Nel 1494 si sposarono Massimiliano I d’Asburgo e Bianca Maria Visconti, nipote del duca di Milano Ludovico il Moro che, per festeggiare le nozze, offrì a tutti i milanesi un boccale della schiumosa bevanda (così si fà!!! Birra gratis a tutti!!! Evviva!!).
In Italia, però, non si fabbricava la birra, ma veniva solo importata; fu solo nel 1700 che anche da noi iniziò ad essere prodotta, soprattutto al Nord, grazie anche alla vicinanza e alla dominazione austriaca. Le prime birre erano molto forti e ad alta fermentazione che, purtroppo, venivano annacquate per rendere più accettabile il gusto. Con l’aiuto degli austriaci e dei tedeschi, l’arte della birra migliorò anche in Italia, che pian-pianino divenne sempre più indipendente dagli stranieri, fino ad avere delle fabbriche tutte sue; la prima fabbrica della birra in Italia è stata la “Le Malterie Italiane” di Avezzano (anno 1890).
Una birra artigianale deve essere non filtrata non pastorizzata, deve essere cruda. Solo cosi’ e’ possibile ottenere un prodotto vivo, nel quale i lieviti presenti sul fondo della bottiglia continuano la loro fermentazione, caratterizzando il sapore ed affinando il gusto della birra, che evolve nel tempo fornendo di volta in volta sensazioni sensoriali complesse e diverse. L’assenza di pastorizzazione, filtrazione permette quindi di mantenere inalterate tutte le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche della birra esaltando il potenziale qualitativo delle materie utilizzate nel processo produttivo. Tutte le birre prodotte sono naturali, ottenute senza aggiunta di conservanti, antiossidanti o stabilizzanti. L’intero processo produttivo e’ caratterizzato da una scrupolosa cura di tutte le fasi e da un’ attenta selezione delle materie prime utilizzate. All’interno del birrificio ogni operazione (dalla macinatura del malto fino all’etichettatura) e’ eseguita a mano, percio’ produrre un lotto di birra da una lato significa molte ore di lavoro ma dall’altro permette al birraio di esprimere al massimo il proprio estro: DA QUESTO NE DERIVA LA PAROLA ARTIGIANALE!
Come Nascono le Nostre Birre Artigianali
Le caratteristiche principali di ogni fase sono la passione e l’impegno che mettiamo ogni giorno nella lavorazione. Altro punto di forza su cui si basa la filosofia del birrificio è la collocazione strategica in un paesino: Buti. Buti è infatti situato ai piedi del monte serra, da dove sgorga l’elemento principale per una buona birrficazione: l’acqua. E’ inoltre un paese inoltre ricco di tradizioni, di una buona cucina e di turismo, a cui non poteva certamente mancare un “birrificio artigianale” . Dell’antico edificio religioso sono ancora visibili i muri perimetrali in pietra che racchiudono gli altari laterali in pietra serena e la zona del presbiterio
L’orzo maltato è introdotto in una macchina molitoria che lo riduce in una farina grossolana (grist) e per caduta va a miscelarsi con l’acqua (premasher) nel tino di cottura/ammostatura.
L’ammostamento si conclude quando gli amidi contenuti nel malto d’orzo sono stati completamente trasformati in zuccheri più o meno complessi. Si sfrutta un tino dotato di doppio fondo e attraverso il letto di trebbie si esegue una filtrazione naturale al fine di ottenere un mosto ricco di zuccheri, ma privo d’impurità. Le trebbie esauste vengono risciacquate per estrarre tutto lo zucchero di cui sono imbevute ed accumulate in contenitori alimentari per destinarle ad uso di foraggio animale di prima scelta.
Al termine della bollitura il mosto contiene diverse “impurità” dovute a residui di luppolo e proteine coagulate; il procedimento adottato per la loro eliminazione è il sistema “whirlpool” ossia un metodo di movimentazione circolare del mosto che favorisce la decantazione delle parti solide in una unica area centrale del tino in cui il mosto viene temporaneamente posizionato
La fermentazione avviene in due fasi: una aerobica (in presenza d’aria) e serve al lievito per moltiplicarsi esponenzialmente e una anaerobica (in assenza d’aria) in cui il lievito trasforma gli zuccheri fermentabili presenti nel mosto principalmente in alcool etilico e CO2. In più il lievito produce altre sostanze che contribuiranno al gusto della birra finita. Le temperature di fermentazione possono variare da 6-7 e sino a 30°C, in relazione al ceppo di lievito utilizzato. Quando il 90 % del processo di fermentazione degli zuccheri è stato realizzato, ossia dopo 3/7 giorni (a seconda del ceppo di lievito e della temperatura di fermentazione) la birra giovane passa alla fermentazione secondaria e si fa scendere la temperatura facendo decantare i componenti torbidi.
Il cereale macinato viene miscelato con acqua calda per permettere l’attivazione degli enzimi contenuti nel malto i quali sono i responsabili della demolizione dell’amido e delle proteine. Questi necessitano di condizioni di temperatura e Ph particolari (il Ph influisce sulla disgregazione enzimatica, determina la solubilità delle proteine, determina la solubilità delle sostanze amare ed il colore della birra finita).
La bollitura del mosto avviene successivamente alla filtrazione, la sua durata dipende dalla tipologia di birra da produrre, di norma non supera i 90 minuti. La bollitura è necessaria al fine di: denaturare gli enzimi ancora eventualmente presenti, in modo da fissare stabilmente la composizione del mosto. sterilizzare il mosto. concentrare il mosto mediante evaporazione al °Plato voluto. favorire la coagulazione e precipitazione di proteine e polifenoli. consentire la trasformazione degli alfa acidi del luppolo in iso-alfa acidi, responsabili della componente amara della birra.
Il mosto viene poi trasferito verso i fermentatori e raffreddato attraverso uno scambiatore di calore a piastre sino alla temperatura adatta al tipo di fermentazione scelta (alta 18-25° C oppure bassa 7-15° C). Il mosto dopo la bollitura è però povero di ossigeno, indispensabile per una corretta fermentazione. Viene insufflato nel mosto ossigeno puro (circa 8 mg/l) o aria sterile oppure metodi più “caserecci” sono un arieggiamento meccanico (ad esempio con la caduta del mosto nel fermentatore da una certa altezza o il semplice rimestamento del mosto nel fermentatore) ma difficile. Il mosto è ora pronto per l’aggiunta del lievito e la fase di fermentazione.
Con Maturazione si indica tutto il processo di trasformazione dal mosto alla birra. Si portano fusti e bottiglie all’interno di una cella a temperatura controllata dove viene riattivata la rifermentazione in bottiglia ed in fusto attraverso l’aggiunta di zucchero o mosto fresco raggiungendo naturalmente la gasatura voluta all’interno del contenitore. Raggiunta la gasatura desiderata si passa alla stabilizzazione in una seconda cella frigo a temperatura controllata dove la birra si affina per circa 3-4 settimane prima di essere messa al consumo.